Fini ha commesso lo stesso errore linguistico di Nixon

da Il Riformista, 5 agosto 2010

“Non siamo traditori”. Con questa frase, riportata da tutti i media, Fini ha commentato la linea del proprio gruppo parlamentare sul voto di sfiducia nei confronti del sottosegretario Caliendo.

Il leader di Futuro e Libertà dimostra così di avere appreso solo in parte la lezione di Berlusconi sulla comunicazione e di maneggiare maldestramente alcuni strumenti cruciali per la costruzione del consenso.

Come la negazione. La mente umana, infatti, ragiona solo in termini positivi: nominare il termine “traditore”, sebbene per respingerlo, evoca un “frame”, un quadro di riferimento, un universo di significato, ci fa venire in mente un patto e qualcuno che lo viola, una persona sincera e uno spergiuro, un buono e un cattivo, quest’ultimo, interpretato – nel caso in oggetto – da Fini.

Come racconta George Lakoff in un testo classico del linguaggio politico, Richard Nixon lo imparò a proprie spese. Durante lo scandalo Watergate, per far fronte alle continue richieste di dimissioni, il presidente americano rilasciò una dichiarazione pubblica in televisione nella quale affermava “non sono un imbroglione”. Come risultato tutti pensarono che era un imbroglione.

La dichiarazione di Fini ottiene lo stesso risultato e se – presa in sé – è ben poca cosa, priva di conseguenze gravi, tuttavia risulta illuminante perché getta una nuova luce su due elementi.

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Il discorso strategico nella politica italiana

“Empires of the Mind. Metaphors and strategic discourse in Italian politics” è il titolo della presentazione che terrò ad Amsterdam nell’ambito di RaAM8, l’ottava conferenza internazionale su Researching and Applying Metaphor, in programma dal 30 giugno al 1 luglio.

Il lavoro analizza l’uso strategico della metafora nel discorso politico durante la campagna elettorale del 2008, che ha condotto alla vittoria del centrodestra di Berlusconi.

Il confronto fra gli stili comunicativi dei due principali candidati, Berlusconi e Veltroni, rivela una diversa attitudine nei confronti della comunicazione politica.

I risultati saranno discussi alla luce delle più recenti evoluzioni degli studi sull’efficacia del discorso politico, tenendo in speciale considerazione l’approccio linguistico-cognitivo di George Lakoff e gli studi sugli aspetti emotivi della persuasione di Drew Westen.  Qui puoi leggere l’abstract completo.

La conferenza è particolarmente interessante perché affianca a un approccio accademico una serie di sessioni di carattere pratico, dedicate all’utilizzo della metafora come strumento per la persuasione nei contesti politici, istituzionali e aziendali.


Un nuovo paradigma per una società in mutamento

Pubblicato su Italianieuropei. Anno X n. 2 (2010), pp. 67-76

Mentre la sinistra ha pagato lo scotto della sua incapacità a formulare una narrazione e un’identità nuove, Berlusco­ni ha saputo, anche grazie a un imponente controllo della TV, costruire e adeguare il linguaggio alla scena politica e culturale del paese, con un’efficace comunicazione di sim­boli e valori che ne hanno accentuato i tratti edonistici e in­dividualisti.

Oggi, per la sinistra la sfida può giocarsi nell’ambito dell’elaborazione di una cultura politica che risco­pra il valore del cittadino come persona e le sue aspettative, ma anche attraverso la presenza sul territorio e una mag­giore attenzione alle nuove forme di comunicazione.

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Il comico della politica

È arrivato in libreria Il comico della politica, Nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Silvio Berlusconi, di Michele Prospero (Ediesse, 280 pagine, 15 euro). Continua a leggere…


Stampa e potere

da Terra, 13 ottobre 2009bogart

Mentre alla presentazione di Italia Futura venivano discussi i risultati di uno studio sulla mobilità sociale del paese i media dedicavano tutte le proprie energie a discutere la sentenza della corte costituzionale.

Mentre il think tank animato da Montezemolo avanzava proposte per rimettere in moto l’ascensore sociale del paese, la stampa e la tv si concentravano sulla pletora di commenti, dietrologie, accuse e difese di esponenti politici, giuristi, critici da salotto televisivo.

Nessuna attenzione è stata dedicata alle proposte per garantire ai giovani opportunità di crescita e realizzazione. Proposte che, peraltro, incassano gli apprezzamenti bipartisan di Fini ed Enrico Letta.

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Non chiamatelo “scudo fiscale”

pubblicato su Il Riformista, 3 ottobre 2009

“Scudo fiscale” è l’ingegnoso nome scelto per un provvedimento che, ci dicono dal centro sinistra, non è molto diverso da un ordinario condono o, volendo citare le parole di Bersani, fra i massimi esperti di economia del Partito Democratico, “una colossale ripulitura di denaro”.

L’espressione “scudo fiscale” non viene scelta a caso. Lo “scudo” è un elemento positivo, un oggetto che ci protegge dal nemico, una parola che evoca battaglie mitiche di eroi sul cavallo bianco contro draghi, orchi, mostri di ogni sorta. In questo caso il nemico, è evidente, sono le tasse.

La misura della maggioranza ovviamente non è uno scudo in senso letterale, ci troviamo infatti di fronte a una metafora, uno strumento linguistico che permette di sottolineare alcune caratteristiche di un oggetto, occultandone altre.

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C’era una volta la crisi

da Italianieuropei n.3/2009

Il discorso sulla crisi economica è stato uno dei pilastri della campagna di Berlusconi nel 2008. Un’analisi della strategia elettorale ne svela le ragioni dell’efficacia, mette in luce le carenze del campo democratico e permette di avanzare una proposta per recuperare un rapporto più profondo fra cittadini e politica riformista.

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Licenza di licenziare, Silvio re della metafora

da Il Riformista, 7 marzo 2009

Si attendeva ed è arrivata, la risposta di Berlusconi alla proposta di Franceschini di “un assegno mensile per chi perde il lavoro”. Nel corso della conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri Berlusconi si è espresso chiaramente contro la misura. Se qualcuno si attendeva una risposta nel merito della questione ha sottovalutato la capacità comunicativa del premier.

Una risposta del tipo, «non ci sono fondi per un provvedimento del genere» sarebbe stata un’implicita ammissione di fallimento, il che per il nostro presidente del consiglio è inconcepibile.

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Obama e Berlusconi uniti dalla fiaba russa

proppda Il Riformista, 4 marzo 2009

Cos’hanno in comune Obama e Berlusconi? A questa domanda risponde “C’era una volta Silvio”. Non è l’inizio di una fiaba che rivisita in chiave edulcorata e fantastica le vicende dell’attuale presidente del consiglio, ma il titolo di una ricerca che analizza il discorso politico del candidato Berlusconi durante la campagna per le scorse elezioni politiche.

Presentata per la prima volta a Valencia nel corso di un convegno internazionale sul marketing non tradizionale, la ricerca che ho condotto analizza il linguaggio di Berlusconi nei talk show televisivi e mette in luce l’utilizzo di tecniche di comunicazione innovative e una singolare e quanto mai inedita somiglianza con il discorso di Obama.

I puristi della politologia potrebbero storcere il naso, ma dimentichiamo per un attimo la politica e concentriamoci sulla comunicazione politica. Dimentichiamo il dibattito quotidiano e facciamo un salto indietro nel tempo.

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Edgar Morin: Cosa penso della politica italiana

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Da Left, maggio 2008

A 87 anni Edgar Morin è fra i più grandi pensatori viventi. Le sue riflessioni sulla complessità hanno rivoluzionato l’approccio alla conoscenza tipico della modernità. Il rifiuto della distinzione fra i saperi e la natura transdisciplinare del suo lavoro hanno modificato l’approccio alla scienza e alla conoscenza e la svolta radicale che ha impresso al metodo ha segnato il passaggio dal riduzionismo alla complessità. La sua riflessione ha attraversato temi apparentemente molto distanti fra loro come l’ambiente, l’educazione, la biologia e la fisica. La naturale curiosità lo ha portato a interessarsi anche della politica italiana.

La politica vive da una parte una tensione verso la spettacolarizzazione, dall’altra viene percepita sempre più dai problemi della società. Quale crede possa essere il  suo ruolo nel governo di un mondo complesso?

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