Eroe e antagonista della campagna di Berlusconi

Un mio articolo scientifico, pubblicato sulla rivista Comunicazione Politica, analizza la strategia di Berlusconi nel corso delle ultime elezioni politiche e svela l’utilizzo di una raffinata costruzione  del discorso.

L’articolo, dal titolo La costruzione strategica dell’eroe e dell’antagonista nel discorso politico di Berlusconi, è uscito sul numero 3 del 2010 della rivista. Per leggerlo clicca qui.

Comunicazione Politica (ComPol) è l’unica rivista italiana che studia, analizza e discute i rapporti tra mass media e sistema politico.

Come si può leggere sul suo sito, “ComPol si propone di favorire lo sviluppo interdisciplinare della teoria e della ricerca italiana, accogliendo contributi scientifici di scienziati politici, sociologi, massmediologi, linguisti, storici e altri studiosi”.

L’obiettivo è quello di analizzare da diverse prospettive le profonde trasformazioni avvenute negli ultimi decenni nell’arena politica e nelle dinamiche elettorali.

Oltre alla produzione in campo accademico è particolarmente attenta a quanto avviene nel mondo delle professioni della comunicazione politica e ospita interventi di esperti di sondaggi e consulenti politici, operatori dei media classici e dei nuovi media, con l’intento di far dialogare ricerca scientifica ed esperienza professionale.


Pomo della discordia

Il termine traduce l’espressione inglese wedge issue, letteralmente, tema-cuneo. È una questione politica o sociale per sua propria natura “divisiva”, ovvero capace di dividere l’opinione pubblica e i politici. Viene lanciata da un partito che ha una posizione unitaria sul tema con l’obiettivo di dividere il partito antagonista, di “incunearsi” e creare una frattura nella sua compattezza.

Un esempio tratto dal contesto italiano sono i cosiddetti “temi etici”, spesso agitati dal centrodestra – che ha una posizione condivisa sul tema – nella speranza, spesso soddisfatta, di provocare controversie nel Partito Democratico e nella coalizione di centrosinistra.

Tre sono i principali effetti positivi dell’utilizzo di questioni-pomo della discordia: far percepire il partito opposto come diviso; attirare i voti degli elettori tradizionali dell’altra coalizione che pure si trovano d’accordo sul tema in oggetto (nel nostro esempio gli elettori di centrosinistra contrari alla ricerca sulle cellule staminali o all’eutanasia). In casi estremi un pomo della discordia può portare alla scissione dei partiti e quindi alla diminuzione della loro forza elettorale.


Fini ha commesso lo stesso errore linguistico di Nixon

da Il Riformista, 5 agosto 2010

“Non siamo traditori”. Con questa frase, riportata da tutti i media, Fini ha commentato la linea del proprio gruppo parlamentare sul voto di sfiducia nei confronti del sottosegretario Caliendo.

Il leader di Futuro e Libertà dimostra così di avere appreso solo in parte la lezione di Berlusconi sulla comunicazione e di maneggiare maldestramente alcuni strumenti cruciali per la costruzione del consenso.

Come la negazione. La mente umana, infatti, ragiona solo in termini positivi: nominare il termine “traditore”, sebbene per respingerlo, evoca un “frame”, un quadro di riferimento, un universo di significato, ci fa venire in mente un patto e qualcuno che lo viola, una persona sincera e uno spergiuro, un buono e un cattivo, quest’ultimo, interpretato – nel caso in oggetto – da Fini.

Come racconta George Lakoff in un testo classico del linguaggio politico, Richard Nixon lo imparò a proprie spese. Durante lo scandalo Watergate, per far fronte alle continue richieste di dimissioni, il presidente americano rilasciò una dichiarazione pubblica in televisione nella quale affermava “non sono un imbroglione”. Come risultato tutti pensarono che era un imbroglione.

La dichiarazione di Fini ottiene lo stesso risultato e se – presa in sé – è ben poca cosa, priva di conseguenze gravi, tuttavia risulta illuminante perché getta una nuova luce su due elementi.

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Il turpiloquio, la nuova strategia del Pd?

“La Gelmini è una rompicoglioni”. Fa discutere l’affermazione del segretario Bersani nel corso della recente assemblea del Pd. Un’uscita sopra le righe o il tentativo di cambiare rotta nella comunicazione del partito? Se nel primo caso possiamo chiudere un occhio, nel secondo c’è da stare attenti (e preoccuparsi)

Pubblicato su Lo Spazio della Politica

“La Gelmini è una rompicoglioni”. Così i giornali di ieri sintetizzano la critica rivolta dal segretario del Pd Bersani al ministro dell’istruzione, nel corso della recente assemblea del partito.

Per dovere di cronaca e per correttezza, ci sembra corretto riportare la frase per intero:

Io sono per fare uscire da questa assemblea una figura eroica, i veri eroi moderni, gli insegnanti che inseguono il disagio sociale in periferia, lottano contro la dispersione mentre la Gelmini gli rompe i coglioni.

Se si tratta di un’espressione sfuggita al segretario nell’impeto retorico, si può ampiamente soprassedere, vista la portata del linguaggio politico contemporaneo, dove gli attributi maschili e femminili sembrano avere più diritto di cittadinanza dei discorsi sui diritti e sullo sviluppo economico.

Ma se, come ipotizza Maria Teresa Meli in un articolo sul Corriere, si trattasse di una scelta consapevole, c’è da rabbrividire. Si tratterebbe, secondo la Meli, del tentativo di mettere in atto una nuova strategia comunicativa:

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