Chi sostiene il nucleare vada a scuola di comunicazione

Chi sostiene il ritorno all’atomo usa argomentazioni logiche e razionali ma spesso non riesce a farsi capire. La causa sta nella cosiddetta “maledizione della conoscenza” e la soluzione nel racconto di storie, aneddoti, esempi

Pubblicato su Linkiesta il 15 marzo 2011

nucleareLe notizie che arrivano dal Sol Levante e gli allarmi di cui i media ci informano senza sosta costituiscono un forte elemento di convinzione contro il ritorno a questa scelta.La vicenda giapponese e l’approssimarsi del referendum riportano in auge la questione del nucleare, facendo crescere le azioni di chi si oppone al ritorno all’atomo.

Chi sostiene la scelta nucleare ribatte con una serie di tesi non prive di fondamento: la “sicurezza degli approvvigionamenti”, per esempio, oppure il “costo dell’energia” o – ancora – l’impossibilità di far fronte alle richieste al “fabbisogno energetico” affidandosi semplicemente alle rinnovabili.

Tuttavia queste spiegazioni, di ordine squisitamente razionale, non riescono a far breccia nel pubblico italiano.

Perché?

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Nota metodologica per comunicatori

Per una fortunata coincidenza mi sono capitate sotto gli occhi queste righe, tratte dall’ultimo libro di Jacques Séguéla, pubblicitario francese di successo, celebre per aver curato la campagna elettorale che portò Mitterand all’Eliseo nel 1981. Ecco cosa scrive:

«Un comunicatore (…) deve guardarsi bene dal fare politica. Ogni eccesso di militanza lo rovinerà. Il suo interlocutore si aspetta da lui non la voce del consenso, ma quella dello scetticismo, dell’opposizione, in una parola dell’empatia nel senso psicologico del termine, vale a dire una totale neutralità di ascolto e di analisi.

La sua forza sta nella sua professionalità, non deve mai lasciare che si tinga di favoritismo. Non è un gioco facile: il potere rende ciechi e la corte gli fa la corte. Al comunicatore spetta fare il suo mestiere, che non sta nel lusingare, ma nel rivelare le debolezze, se non addirittura gli errori del suo candidato. Non è il ruolo più bello».

Mi sembrano parole da tenere a mente.


Information is beautiful

Rendere comprensibile una tabella di dati, comunicare temi complessi usando un numero limitato di parole, riempire di significato elementi altrimenti aridi ed ermetici.

È il compito dell’infografica, sempre più utilizzata nella comunicazione contemporanea.

Information is beautiful è il blog di David McCandless, architetto dell’informazione che raccoglie esempi interessanti di utilizzo della componente visiva per migliorare la comprensione e la memorizzazione dei messaggi.

L’ultimo post propone un esempio interessante: un articolo del Guardian Data blog sui fondi stanziati per le forze armate.

Con solo due infografici riesce a rendere chiara la distribuzione internazionale delle spese militari. Indovinate qual è il paese che spende di più.

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